Molti di noi conoscono Pia Pera, giornalista e scrittrice, traduttrice di grandi opere dei classici russi, creatrice del sito “Orti di Pace” e soprattutto – dal nostro punto di vista – grande appassionata di giardinaggio e orticultura.

Scomparsa recentemente e precocemente dopo una malattia dal decorso velocissimo, ci ha lasciato numerosi articoli per la rivista Gardenia ed alcuni libri di piacevole lettura. Tra questi, in “Il giardino che vorrei” alcune pagine sono dedicate ad un giardino che abbiamo visitato insieme nel maggio dello scorso anno – il ‘Giardino delle Rose Perdute’ di Rosetta Borchia – di cui Pia descrive la rustica bellezza e il paziente lavoro di ricerca della  creatrice:

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“Anni fa, quando il giardino era ancora agli inizi  e Rosetta abitava ad Urbino, l’avevo accompagnata in una spedizione, incuriosita dall’originalità della sua ricerca che, anziché verso le mete consuete tra gli esploratori botanici, la portava in luoghi tutti raggiungibili con una piccola Panda a quattro ruote motrici. Erano viaggi nel tempo, alla ricerca di rose coltivate dalle contadine prima dell’invenzione di certe inodori rose moderne. Rosetta mi aveva raccontato delle astuzie cui ricorrevano le donne per contrabbandare qualche fiore. Le popolane non potevano certo permettersi, come le signore, di coltivare fiori nell’orto. La terra destinata all’uso delle famiglie contadine era scarsa…figurarsi se c’era posto per le rose.

La nostra prima tappa era stato un piccolo cimitero inselvatichito lungo le pendici del monte Nerone. Erano rimaste poche lastre in pietra, accatastate l’una sull’altra. In compenso il campo, invaso dalle cosiddette erbacce, era ravvivato da macchie di colore vivace di Rosa gallica officinalis. Incredibilmente vigorosa, nonostante nessuno se ne curasse da anni, la gallica aveva esteso i suoi getti fino a infiorettare un intero prato di fragranti bocci purpurei. Non è certo una rosa rara; straordinaria pareva tuttavia la forza, la capacità di sopravvivere alle avversità di quell’esemplare…

Dopo il cimitero ci eravamo fermate lungo un viottolo che portava ad una chiesa dall’aria abbandonata: rovi e bardane la cingevano d’assedio….Una coppia di vecchi stava seduta sulla panca vicino al portale, insieme ad una donna più giovane, ma dal viso duro e angoloso. Lì Rosetta aveva trovato una Rosa centifolia nascosta da un fico e…chiazze bianche di Alberic Barbier in un intrico di spini e ornielli. Rosetta aveva spiegato che bisognava liberarle altrimenti soffocavano, ed era un peccato: il cespuglio aveva grande valore, da tenerlo di conto. Alle sue parole quelle facce prima così diffidenti si erano illuminate di gioia.

Mi accorsi poi che, ogni volta, il ritrovamento di una rosa preludeva all’intreccio di un rapporto. Una vecchia contadina, Zena, nonostante le stampelle cui era costretta dopo la rottura del femore, aveva insistito per venire e farci vedere certe belle case in pietra…lì crescevano delle scure rose dalla cupa fragranza, rigogliosissime…Rosetta aveva subito identificato Rosa centifolia var.prolifera foliacea. Zena era raggiante di trovare conferma del valore di quelle rose che conosceva e amava fin da bambina. Davanti ai suoi occhi, lucidi di emozione, avevo compreso che il risvolto umano delle ricerche di Rosetta non era inferiore a quello botanico…Eravamo tornate con secchi colmi di decine e decine di talee e polloni di rose. Poche, a dir vero, sconosciute o perdute, ma tutte preziose perchè inseme formavano un repertorio delle rose capaci di fare a meno, in quelle colline, delle cure assidue dell’uomo, di innaffiature, potature e antiparassitari.

Adesso crescevano, insieme a quelle di altre spedizioni non meno proficue, nel giardino di Rosetta…Erano davvero tante; eppure la destrezza nel disporle era stata tale, da non provare mai la sensazione opprimente della collezione. Nel tripudio delle fioriture di maggio, avevo riconosciuto le rose a me più care…Erano un’infinità, le rose di questo giardino, eppure non aggredivano, anzi, si fondevano con grande naturalezza nel quadro d’insieme. Certe si mescolavano alle spighe violette delle Speronelle, altre alla tavolozza magnifica delle Clematidi, al cobalto intenso del Ceanothus, al grigio azzurro dell’ Elicriso…Mi piace molto questo giardino, soprattutto per la schiettezza d’animo che rivela…”