Le dune fossili di Massenzatica (Fe) fanno parte di un antico sistema dunale costiero che andava un tempo da Ravenna a Chioggia, ormai in gran parte scomparso a causa dell’avanzamento della linea costiera e degli interventi dell’uomo, volti a livellare i terreni a scopi agricoli.
Nell’entroterra ferrarese tra il Po di Volano e il Po di Goro è conservato questo ultimo relitto dell’antica linea costiera, che si eleva di circa 8 metri sulla piatta pianura circostante, dominata da risaie e coltivazioni vivaistiche; il mare è ormai arretrato di 12 kilometri.
Nel 1996, per l’importanza geomorfologica che il sito riveste nel territorio della Bassa Padana, la Regione Emilia-Romagna ha istituito la Riserva Naturale Orientata “Dune Fossili di Massenzatica”, adiacente ai confini del Parco Regionale del Delta del Po, aperta e visitabile tutto l’anno.
Il terreno della duna, ormai consolidatosi nei secoli, essendo di natura sabbiosa, determina condizioni di notevole aridità nel periodo estivo, incidendo fortemente sulla flora spontanea, che vede perciò una prevalenza delle specie xerofile tipiche del nostro litorale. Nelle aree interdunali è presente una vegetazione fitta e intricata, composta soprattutto d rovi, biancospini, fusaggine, pruni selvatici e, nei punti più umidi, fitti popolamenti di felce aquilina (Pteridium aquilinum). Molte zone sono però infestate da specie alloctone, come l’ Ailanto, la Robinia, la Gleditsia, l’Oenothera biennis.
Nonostante la mattinata piovosa, percorriamo in fila indiana il sentiero didattico che segue le ondulazioni dunose, soffermandoci a leggere i cartelli illustrativi, e ammirando il fascino indefinibile e sottile di questo luogo, tra distese di felci color ruggine, tronchi caduti coperti di funghi e muschi, e un cielo cupo pieno di nuvole color piombo.
La tappa successiva ci porta a Tresigallo, la cosiddetta ‘città metafisica’, definizione del tutto appropriata che fa immediatamente pensare alle opere di De Chirico. La guida che ci accompagna racconta la storia del territorio e illustra l’impianto urbanistico della cittadina, esempio ben conservato dello stile razionalista del ventennio. Il progetto nasce negli anni ’30, quando il ministro Rossoni decide di dare un nuovo assetto urbano alla sua città di origine: si tracciano il cardo e il decumano come nelle città romane, collegando Tresigallo a Ferrara, e su questi assi viari principali vengono costruiti gli edifici più importanti, tra cui le scuole elementari, il teatro, la casa del fascio, l’asilo infantile, una scuola di ricamo per ragazze, le poste, la casa della cultura, due alberghi e ancora – più defilati rispetto al centro – il campo sportivo e l’ospedale, o colonia post-sanatoriale. Nel 2004 la Regione Emilia Romagna ha inserito Tresigallo nel prestigioso circuito delle ‘Città d’arte d’Italia’, essendo uno dei pochi esempi rimasti di città di rifondazione .
Dopo il pranzo in una locanda tipica vicino al Po di Volano, si visita la Delizia estense del Verginese, una delle numerose residenze estive della corte ferrarese, donata alla metà del ‘500 dal duca Alfonso I° all’amante – e forse moglie segreta – Laura Dianti. Nel giro di pochi anni, Laura ampliò e abbellì l’edificio originario, che subì molti rimaneggiamenti anche nei secoli successivi; in particolare nel ‘700 fu aggiunto il portico che collega la villa alla cappella e fu decorato con stucchi il salone al pianterreno, dove attualmente è conservata una piccola ma significativa collezione di stele funerarie provenienti da una necropoli romana rinvenuta nelle vicinanze, la necropoli dei Fadieni. Al piano superiore visitiamo alcune sale con soffitti affrescati – purtroppo molto deteriorati dall’umidità – due delle quali dotate di camino, indizio che fa supporre che fossero adibite a camera da letto.
Dalle finestre del piano superiore si ha una bella veduta del giardino – il cosiddetto brolo – costituito essenzialmente da alberi da frutto, ampie zone a prato e, attiguo all’edificio, un giardino vero e proprio di impianto rinascimentale. Il restauro del brolo, attuato tra il 2003 e il 2006 dalla paesaggista Ada Segre, ha permesso di ricostruire dopo attente ricerche d’archivio l’ impianto del giardino preesistente: viene disegnato un viale alberato di melograni che congiunge l’edificio alla torre colombaia che funge da sfondo prospettico, e due linee alberate laterali di noccioli, cotogni e altri fruttiferi, che racchiudono due aree simmetriche a prato; è una fedele riproposizione dell’ideale di giardino rinascimentale, in cui la funzione produttiva e quella decorativa coincidono. Adiacente l’edificio, l’impianto del giardino si fa più elegante e ricercato, con una ripartizione geometrica dello spazio in aiuole regolari di sempreverdi potati, ai tempi forse coltivate con erbe aromatiche e medicinali, rose, ed altre piante tradizionalmente presenti nei giardini dell’epoca.
Dal piano superiore lo sguardo percorre lo spazio, creando un collegamento visivo che oltrepassa il perimetro del giardino, con le sue aiuole di fiori e i prati regolari, fino ad arrivare alla più vasta campagna coltivata, solcata da canali e un tempo densamente popolata dai boschi planiziali
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